Nell’ultimo Campionato del Brasileirão solo un giocatore ha avuto il numero 24 sulle spalle, tra l’altro un terzo portiere.
Su oltre 600 calciatori, il ventenne Brenno Costa – Grêmio Porto Alegrense – rimane l’unico ad aver indossato la maglia numero 24 del Brasileirão in questa stagione. Questo è il numero che aveva sulla schiena quando ha salito le scale del famoso stadio Maracanã di Rio de Janeiro alla fine di settembre; si è seduto in panchina come sub inutilizzato durante la partita contro il Fluminense, persa 2 a 1.
È la maglia che i giocatori in Brasile hanno evitato per anni. Nel corso della storia il 24 è stato sempre considerato un numero da evitare. Tra i calciatori locali rimane ancora un tabù per indossarlo in campo.
Questa superstizione non deriva da un’associazione alla malasorte. Deriva dal Jogo do Bicho (gioco della bestia), un noto gioco d’azzardo molto in voga fino a qualche anno fa in Brasile.
Come riporta Wikipedia, prende il nome dal fatto che i giocatori scommettono su numeri – divisi in 25 gruppi in ordine crescente – rappresentati da un animale. I nomi degli animali sono in ordine alfabetico. Tali insiemi contengono, a seconda del tipo di giocata, 4 numeri o 4 decine di numeri ciascuno. I giocatori possono effettuare puntate sull’estrazione di un animale o su un numero specifico compreso tra 0 e 999 o fra 0 e 9999.
Il gioco fu inventato, secondo la tradizione, nel 1892 dal barone João Batista Viana Drummond, già fondatore del giardino zoologico di Rio De Janeiro.
Pur essendo illegale in Brasile, il gioco è largamente praticato ed è una delle attività oggetto di interesse da parte della criminalità organizzata.
In questo gioco al numero 24 corrisponde il Cervo, animale noto, oltre che per le sue belle corna e per il suo particolare sapore – non me ne vogliano gli animalisti –, per le sue tendenze omosessuali.
Il problema dunque è l’omofobia o comunque la paura del pregiudizio nei confronti dell’omossessualità – dubito che tutti i 600 giocatori del campionato brasiliano siano omofobi.
Per me, cresciuto giocando a basket, fa strano vedere come lo stesso numero, indossato per anni dal compianto Kobe Bryant, simbolo di tenacia, determinazione e sangue freddo, venga discriminato per – a parer mio – stupidi stereotipi.
Come mi riferisce Vinicius, ragazzo brasiliano, l’omofobia in Brasile è un grosso problema perché qualsiasi cosa lì tende a prendere un connotato estremista.
Vi è un’enorme omofobia, ma anche enorme mobilitazione pro-LGBT.
E, aggiunge, negli ultimi anni la Chiesa Protestante brasiliana ha approfittato dei fondi per aiutare, sì, ma anche per prendere sempre più potere e assumere un connotato omofobico.
Prendete questo, aggiungeteci la violenza che di norma è presente in ogni cosa in Brasile e potete farvi una idea del risultato finale.
Insomma, è un vero e proprio scontro – non come in Italia, in cui entrambe le parti sembra lo facciano più per noia, con qualche manifestazione in piazza e niente più.
Come fare per risolvere questo problema?
Non lo so e sinceramente non mi interessa risolverlo.
Continuerò a godermi la mia canotta di Kobe e a mangiare cervo; mio fratello giocherà a calcetto con la sua di Florenzi e mi continuerà a rodere quando Insigne segna contro la Roma.
E se qualche qualche brasiliano discriminato da piccolo, o ancora adesso, sta leggendo questo articolo ricordi queste parole: Ama l’odio. Fa che sia il tuo carburante. [K.B. 24]
Jacopo Frattini
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