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L’Illusione di Rodin

Quando ci si imbatte su una figura alata anche la persona più profana pensa “ecco, un angelo”, soprattutto se questa è canonicamente scolpita nel marmo e le ali sono belle folte. Ma questo è Rodin.

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L’Illusione, sorella d’Icaro

Cosa sta facendo quell’angelo?

La composizione di Rodin, una lampante diagonale discendente, disorienta per originalità. Infatti la sua volontaria decontestualizzazione desta curiosità, in particolar modo allo spettatore attuale, al quale la storia di Icaro potrebbe non essere nota.
Ma lo diventerà. La scultura desta una curiosità per cui viene spontaneo interrogarsi sulla natura di tale opera, sul suo soggetto e la sua storia.

E così si può scoprire che quello che si credeva un angelo – idea derivata da iconografie cristiane ancora consolidate in noi – è in realtà Icaro che cade a faccia ingiù.

La (non-finita Pietà Rondanini di Michelangelo

Proprio dal volto incompiuto — tecnica del non-finito michelangiolesco assorbito da Rodin in Italia nel 1875 — si capisce che il soggetto ha qualcosa di umano che lo distanzia dalla sfera divina.
È la sua somiglianza con un efebo alato, combinato al suo volto così umano e incompleto, che ci fa ragionare su ciò che rappresenta.

Icaro si sentiva davvero trasformato in un dio, sorvolando la terra e gli altri uomini, con un paio d’ali di piume e cera.
Icaro si dev’essere sentito davvero umano, schiantandosi sulla superficie del mare e scivolando negli abissi. E questo è descritto benissimo da Rodin che rappresenta il ragazzo nel momento in cui si ritrova faccia a faccia con essa, quasi specchiandosi come Narciso, nell’attimo dell’impatto, che fa già increspare l’acqua in cerchi concentrici.

l'illusione sorella d'icaro rodin
dettaglio de L’Illusione, sorella d’Icaro

Così goffo, così buffo questo nudo sottosopra, rovesciato; sovversione simbolica dell’eroe classico in un capovolgimento fisico. Eroe di solito eretto, più o meno a chiasmo, verticale od orizzontale, combattente o a riposo, sempre a testa alta.

Con Icaro, Rodin scolpisce l’origine mitologica della stessa scultura non-finito. È una sorta di meta-scultura.

Infatti, secondo una versione del mito, Dedalo – padre di Icaro – avrebbe scolpito le porte del tempio che aveva costruito per voto ad Apollo. Attraverso i bassorilievi lo scultore raccontò la storia di Minosse, ma al punto della morte del figlio non riuscì a tenere la mano ferma per la commozione, così quella parte, in quel punto della storia che stava scolpendo, rimase incompiuta.

Lo scultore ha intitolato l’opera Illusione, sorella d’Icaro.

Il titolo non è sempre e solo una spiegazione didascalica definitiva, a volte è solo uno stimolo per un ulteriore livello di significato.

In cosa l’illusione è parente stretta di Icaro?

La genesi de L’Illusione, sorella d’Icaro, è nota, in particolare grazie al modello che conserva le tracce dello sviluppo. Per questo lavoro, Rodin usa la figura de La Martire, a cui aggiunge le ali e che organizza audacemente durante le immersioni. L’opera è esposta con una vasta serie di marmi al Salon della Société Nationale des Beaux-Arts nel 1896.


Questo insieme di opere (L’Illusione, sorella d’Icaro; L’uomo e il suo pensiero; L’eterno idolo, la vecchiaia e l’adolescenza) proviene da assemblaggi risalenti al 1890 per i quali Rodin attingeva la maggior parte del tempo da il repertorio di forme progettate per La porta dell’Inferno. Queste combinazioni di figure furono poi trascritte in marmo.


Interpretata dal praticante Alexandre Pézieux, che fornisce una traduzione che è sia precisa che sensibile, L’Illusione, sorella d’Icaro, potrebbe rappresentare il tema delle Metamorfosi di Ovidio, dove Alcyone si precipita verso il cadavere galleggiante di Ceyx e poi trasformato come un uccello.
(Traduzione dal sito del Museo Rodin di Parigi)

rodin porta dell'inferno
La Porta dell’Inferno di Rodin

La tormentata opera autobiografica di Rodin che si fa espressione sempre più barocca, per poi spianarsi; una somma continua fino alla sua quasi totale eliminazione, sta tutta nella porta dell’Inferno; un inferno pieno di fiori del male, un Dante con Baudelaire: una divina commedia moderna. La prima opera pubblica che gli viene commissionata diventa il suo campo di battaglia personale, artisticamente ed emotivamente.

In questo panorama l’illusione e Icaro si stagliano e si comprendono.
Illusione, sorella d’Icaro. Inizialmente la matrice della statua era quella di un corpo femminile, quella de La Martire.

La martire, rodin
La Martire, Rodin (Foto di Agustin Garza)

Rodin e il suo inferno, Rodin e il suo contesto culturale, Icaro nel non-finito di suo padre Dedalo e del padre del non-finito, Michelangelo.
Di seguito due poesie di Baudelaire che completano il quadro e lo arricchiscono di nuova linfa.

Lamenti di un Icaro

Gli amanti delle prostitute
sono felici, grassi e ben pasciuti:
quanto a me, ho le braccia spezzate
per le nuvole che ho abbracciato.
Grazie agli astri meravigliosi
che fiammeggiano in fondo ai cieli,
questi miei occhi corrosi
non vedono che ricordi di soli.
Invano dello spazio ho voluto
trovare la fine e il centro:
sotto un occhio di fuoco sconosciuto
sento la mia ala che si spiuma.
e, arso dall’amore per il bello,
l’onore eccelso non mi sarà dato
che col mio nome sia chiamato
l’abisso che mi farà da tomba.

[da Les Plaintes d’un Icare, Charles Baudelaire]

Una Martire

Disegno d’un ignoto maestro

Tra fiale, stoffe trapunte d’oro
mobili voluttuosi,
marmi, quadri, vesti profumate
cadenti in ampie pieghe,

in una stanza tiepida, dove l’aria è dannosa
e fatale come in una serra
e mazzi di fiori morenti in bare di vetro
esalano l’ultimo sospiro,

un cadavere senza testa spande, come un fiume,
sangue rosso e vivo
sul cuscino dissetato, e la tela s’imbeve
avida come un prato.

La testa, eccola là sul comodino!
Riposa come un ranuncolo,
con tutta la massa dei capelli foschi
e dei preziosi gioielli:

pare una delle pallide visioni sorte dall’ombra
per incantare i nostri occhi!
E che sguardo vago e bianco da crepuscolo
si sprigiona degli occhi stralunati!

Il tronco nudo, senza scrupoli, sfoggia sul letto, nell’abbandono pi&ù completo,
il segreto splendore e la fatale bellezza
datagli dalla natura:

una calza appena rosea, con fregi d’oro, è rimasta
sulla gamba come un ricordo;
la giarrettiera saetta uno sguardo diamantino
come occhio segreto che fiammeggi.

Che amore tenebroso s’intravede nell’aspetto
singolare di questa solitudine
e d’un gran ritratto languido ma provocante
negli occhi e nella posa!

Che gioia colpevole! Che feste strane
colme d’infernali baci,
godimento frenetico d’angeli malvagi
tra le pieghe dei tendaggi!

Eppure guarda che elegante spalla magre
dal contorno duro!
Mica male quell’anca a punta e quella vita guizzante
da rettile incollerito!

È ancora giovane! – Forse l’anima esasperata
e i sensi, morsi dalla noia,
si erano dischiusi alla muta assetata
di vaganti e perduti desideri?

Sta a vedere che l’uomo che tu, impuro cadavere
da vivo, malgrado tanto amore,
non saziasti, placò per vendetta l’immensa voglia
sulla carne inerte e compiacente!

E magari poi quell’uomo sollevandoti col braccio
febbrile per le trecce rigide,
stampò sui tuoi freddi denti, testa spaventosa,
l’ultimo affio! Fu così? Su, rispondi!

– Lontano dal mondo beffardo, dalla folla impura,
e da curiosi magistrati,
dormi in pace, stanca creatura, dormi in pace
nella tua tomba misteriosa;

il tuo sposo va per il mondo e la tua forma immortale
gli veglia accanto quando dorme;
ti sarà fedele e costante certamente,
come te, fino alla morte.

[da Une Martyre, Charles Baudelaire]

michelangelo schiavo
Un prigioniero (non-finito) di Michelangelo

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