Se durante un momento di crisi siete finiti su un video di The Minimalists o di Matt D’Avella su YouTube, allora molto probabilmente avete già sentito parlare di minimalismo e forse, avete già visto la parte più tossica di questa corrente di pensiero.
Anni fa durante una crisi esistenziale sono finita tra questi video di YouTube e mi si è aperto un mondo: tutto ciò che avevo cercato era lì, con le sue risposte. Ma non è tutto oro quello che luccica.
Il minimalismo come stile di vita ha visto il boom in questi ultimi anni, in cui il capitalismo, la globalizzazione e lo shopping compulsivo fanno da padrone. Si basa sul possedere poche cose, davvero utili e che ci rendono felici, sul non attaccamento alle cose materiali e sul provare, in generale, in qualsiasi ambito, ad avere una vita più leggera.
Il minimalismo ragiona per step.
Innanzitutto bisogna fare decluttering, ovvero pulizia, donando, vendendo o buttando tutto ciò che non usiamo più o non ci serve; dedicandoci magari a piccoli step per volta, come il fare solo uno stanza, oppure l’armadio.
La seconda cosa, e la più importante, riguarda gli acquisti oculati: che senso ha comprare sei contenitori della stessa misura se in casa vivo da solo e non li utilizzo regolarmente? Nessuno, infatti secondo il minimalismo bisognerebbe avere una profonda conoscenza di ciò che è la nostra vita e i nostri bisogni, scollegarli dalle possibili versioni fantasiose di noi stessi che oggi ci vogliono cuochi e domani pittori, ed essere realistici.
È infatti questo uno dei motivi maggiori per cui acquistiamo qualcosa. Ci immaginiamo che la nostra versione migliore possa occuparsi di un determinato oggetto o un’esperienza; e compriamo per soddisfare questa proiezione che abbiamo di noi stessi. Se conoscessimo profondamente chi siamo non avremmo bisogno di comprare oggetti in continuazione che ci danno una scarica di dopamina per cinque minuti e poi tutto è svanito.
Il risultato a cui si dovrebbe auspicare di arrivare è quello di avere solo ciò di cui necessitiamo.
Molte volte infatti non facciamo i conti con il fatto che avere tanti oggetti si traduce in termini di tempo e denaro. Non soltanto abbiamo pagato per delle cose che non ci servono realmente ma dobbiamo anche prendercene cura, tenerle in ordine e pulite e questo significa spendere minuti, ore addirittura per esse. Minuti ed ore che avremmo potuto usare per fare altro.
Il minimalismo però si può applicare a tanto altro, oltre che al mero possedimento degli oggetti come, ad esempio, alle relazioni sociali.
Quante volte ci siamo trovati con persone con cui non stavamo per niente bene ma ci abbiamo passato del tempo comunque perché così doveva essere? Oppure quante volte non abbiamo detto di no a piaceri chiesti? In questi casi è utile e sano applicare questo modo di pensare alla nostra vita.
Uno degli attacchi più spesso fatti a chi decide di intraprendere questo tipo di percorso è che è una persona triste e senza niente, che bisogna per forza dare via tutto e rimanere con due posate e due piatti in cucina. Non è affatto così. Nel momento in cui stabiliamo i nostri bisogni ed in base ad essi viviamo, essendo inoltre consapevoli di chi siamo, abbiamo fatto centro e abbiamo trovato la strada della tranquillità nella nostra vita.
L’obbiettivo è vivere felici, quindi non ha senso buttare tutti i libri in libreria se ci fa stare bene averli lì.
Per avere altri spunti vi consiglio il canale YouTube Spazio Grigio, completamente in italiano e tratta davvero bene e senza fronzoli la tematica.
Forse durante una pandemia è un momento ideale per capire quali sono i nostri bisogni essenziali e cosa invece dobbiamo cambiare dentro le nostre vite. Forse è il momento adatto per correggere la rotta per un cambiamento globale molto più grande di quello che pensiamo. Il minimalismo può esserci utile, se non altro per vivere meglio questi giorni difficili e tristi alleggerendoci tutti un po’.
Marika Rui
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